Gli Ebrei nel mondo sono circa 15 milioni dei quali circa 4.500.000 vivono nello Stato di Israele e gli altri sparsi in diversi stati del mondo.

La religione ebraica, oltre che monoteistica, è una religione rivelata. Essa afferma, infatti, che Dio ha comunicato la propria volontà agli uomini, per mezzo degli antichi patriarchi e dei profeti.

Il libro sacro degli Ebrei corrisponde all'incirca all’Antico Testamento della Bibbia dei Cristiani e abbraccia il periodo che va dalla creazione del mondo fino alla nascita di Gesù Cristo esclusa. Gli Ebrei chiamano il loro libro sacro Tanak (parola formata dalle iniziali delle tre parti della Bibbia ebraica T-N-K con l’aggiunta della vocale A per poterla pronunciare) e lo dividono in tre parti: 1) la Tora (=“la Legge”), che Dio ha comunicato al popolo per mezzo di Mosè e che è contenuta nei primi 5 libri della Bibbia: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio; 2) i Nebi’im (=”i Profeti”), comprende i libri di Giosuè, Giudici, 1 e 2 Samuele, 1 e 2 Re, i profeti maggiori e i profeti minori; 3) i Ketubi’im (=”gli Scritti”), comprende i libri del Salterio, Proverbi, Giobbe, Cantico dei Cantici, Rut, Lamentazioni, Qoelet, Ester, Daniele, Esdra-Nehemia, 1-2 Cronache.

Altro testo importante presso gli Ebrei è il Talmud, che riporta le dottrine più importanti della fede ebraica interpretate e spiegate dai rabbini (maestri). Il Talmud contiene 613 prescrizioni divine, 248 di esse hanno un contenuto positivo, le altre sono dei divieti. Queste norme riguardano il mangiare la carne di determinati animali, suggeriscono particolari regole igieniche, disciplinano il matrimonio, la preghiera del mattino, ecc.

Altro testo della religione ebraica è la Mishnah, completata verso la fine del II secolo d.C. e che contiene le norme giuridiche trasmesse a voce nel corso dei secoli della storia ebraica.

Il Tempio di Gerusalemme rappresentava il cuore della religione israelitica ed era il segno della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Soltanto al suo interno era possibile offrire i sacrifici a Dio.

In esso officiavano numerosi sacerdoti guidati dal Sommo sacerdote. Essi offrivano al Signore sacrifici di animali e di prodotti della terra.

I sacrifici potevano essere di espiazione, con i quali si chiedeva perdono a Dio delle proprie colpe, oppure di comunione, attraverso i quali gli offerenti e i sacerdoti consumavano la vittima in segno di comunione con Dio.

Nei paesi e nelle grandi città gli Ebrei si radunavano di sabato nella sinagoga per leggere i testi sacri e pregare. A capo della sinagoga c'era un rabbino (maestro). Durante gli altri giorni la sinagoga serviva  come aula scolastica e come sede del tribunale e del municipio.

Ancora oggi i fedeli israeliti continuano a ritrovarsi ogni sabato a pregare nelle sinagoghe, presenti anche in quasi tutte le grandi città dell'occidente.

Innanzitutto il fedele ebreo professa la sua fede in un unico Dio, Jahweh, che nella lingua ebraica si scrive senza vocali: JHWH.

Gli ebrei però non possono pronunciare questo nome tanto alto ed ineffabile e così utilizzano altri nomi per indicare il nome di Dio: Eloim, El Shaddaj, Adonai..

Per gli Ebrei, come per i Cristiani, Dio è Onnipotente, cioè può tutto, Onnisciente, cioè conosce ogni cosa, ed è il Creatore di ogni realtà.

Ogni giorno, mattina e sera, l'ebreo osservante rivolge la sua preghiera all'Onnipotente recitando lo Shema Israel, tratto dal capitolo 6 del libro del Deuteronomio, che rappresenta la professione della sua fede nell'unico vero Dio dell'universo. 

Oltre allo Shema, l'ebreo recita anche la baraka (= lode) e lo shemone esre (= 18 benedizioni) che è la tipica preghiera da recitarsi in comunità.

Dopo otto giorni dalla nascita, il neonato maschio deve essere circonciso. Con questa piccola operazione entra a far parte del popolo di Dio e porta così nella sua carne il segno dell'Alleanza con Dio e la sua appartenenza al popolo di Israele.

All'età di 13 anni l'ebreo entra a far parte in modo attivo della comunità attraverso la cerimonia della Bar-mizwa; a partire da questa data non è più bambino ed è obbligato ad osservare la Legge del Signore e i suoi comandamenti.

Suggestiva è anche la cerimonia del matrimonio. Sotto la chuppa (= tenda delle nozze simile ad un baldacchino) gli sposi dichiarano la loro volontà di amarsi per tutta la vita.

Il giorno festivo per gli Ebrei era, ed è ancora oggi, il sabato, giorno nel quale si ricorda il riposo di Dio dopo aver creato l'universo.

In questo giorno l'ebreo osservante non può dedicarsi ad alcuna attività lavorativa, ma deve osservare il riposo assoluto.

La festa più importante è la Pasqua (Pesach), che ricorda la liberazione del popolo d'Israele dalla schiavitù egiziana ad opera di Jahvè.

La parola pasqua deriva dall’ebraico pesach, che significa passaggio e ricorda il passaggio dell'angelo di Dio nella notte del 14 del mese di Nisan (l'attuale Marzo-Aprile) e l’attraversamento del Mare dei Giunchi. È l’inizio del cammino degli Ebrei, liberati dalla schiavitù egiziana, verso la libertà nella Terra promessa.

Rispettando il comando di Dio, in ogni famiglia viene sacrificato un giovane agnello e le sue carni arrostite sono consumate insieme ad erbe amare e pane non lievitato. Il sangue dell’agnello, che protegge le famiglie degli Israeliti, è segno della vita nuova che Dio sta per donare al suo popolo; le erbe amare ricordano le sofferenze patite durante la schiavitù; il pane non lievitato simboleggia la necessità di partire in gran fretta.

Il sacrificio dell’agnello era già conosciuto dagli Ebrei, perché, anticamente, anche le tribù nomadi semite del deserto sacrificavano al dio El i primi nati dei loro greggi.

Dopo il ritorno in Canaan, la festa della Pasqua viene unita alla festa degli Azzimi (pane non lievitato), antica festa agricola che celebrava l’inizio dell'anno con il primo raccolto dell'orzo. Nel corso di questa festa, veniva eliminato il lievito vecchio e si preparava il nuovo.

Con il passare del tempo, il rito pasquale si arricchisce del dialogo fra il più giovane della famiglia e il più anziano: il giovane, all'inizio della cena, chiede all'anziano di spiegare il significato dei riti che stanno per compiersi e la risposta dell'anziano è l’occasione per fare memoria dei meravigliosi avvenimenti della liberazione dalla schiavitù dell'Egitto.

Durante la cena, oltre allo zampetto d’agnello, al pane azzimo e alle erbe amare, si bevono quattro coppe di vino, temperato con acqua, e si mangia l’haroseth, una salsa di mele, noci e vino rosso, che ricorda il colore dei mattoni dell’Egitto. Si cantano, poi, inni tratti dal libro dei Salmi e chiamati Hallel e Grande Hallel.

Un'altra festa è quella di Pentecoste (Shavot)) o delle Settimane. Con questa grande festa gli Ebrei ricordano quando Dio diede a Mosè la Legge e ringraziano il Signore per i prodotti della terra.

C'è poi la festa delle Capanne (Sukkot), celebrata dopo la vendemmia e il raccolto della frutta, che ricorda i 40 anni passati nel deserto. E’ così chiamata perché i fedeli abitano per un breve periodo sotto capanne di frasche costruite sui balconi delle case.

Altre feste sono: il Capodanno (Tubeshvat), il giorno dell'espiazione (Jom ha-Kippurim), la consacrazione del Tempio (Hanukkah), il Purim (che trova la sua origine nel racconto del libro di Ester). Si ricorda per ultima la festa di Simchath Torah, che segna la conclusione del ciclo annuale della lettura della Legge (Torah); per sette volte i rotoli della Legge vengono portati in processione intorno alle sinagoghe seguiti dai bambini della comunità che ballano e cantano.